mercoledì 11 maggio 2011

IL GIAPPONE

14,949 morti confermati e 9.880 dispersi. E’ questo il catastrofico bilancio due mesi dopo l’apocalittico terremoto ed il conseguente tsunami che hanno devastato il Giappone causando, tra l’altro, la crisi di Fukushima, un incidente nucleare che secondo gli esperti sarebbe più grave di quello di Chernobyl. Ci sono 8.941 morti a Miyagi, 4.400 ad Iwate e 1544 a Fukushima, le tre province più colpite dal disastro, quasi 25.000 tra morti e dispersi.

Il numero totale dei dispersi, inizialmente 17.660, si è ridotto a meno di 10.000 dopo la conferma che molte persone avevano trovato rifugio nei centri di evacuazione. Infatti, sono 117.000 le persone che ancora risiedono in questi rifugi sparsi per tutto il paese dopo che oltre 68.000 abitazioni sono state letteralmente spazzate via dall’onda gigante. Più di un quarto dell’extra budget di 4 mila miliardi di yen (quasi 34 miliardi di euro) stanziato per finanziare la ricostruzione dei distretti devastati, sarà destinato alla costruzione di abitazioni provvisorie, 30.000 probabilmente pronte entro la fine del mese. Il resto servirà per ricostruire interi paesi e infrastrutture, per la rimozione di 25 milioni di tonnellate di detriti, per risarcire le vittime e per promuovere l’attività economica.




Uno degli oltre 2.500 centri di evacuazione giapponesi
Del totale degli evacuati, almeno 80.000 risiedevano nella zona di esclusione creata nei dintorni della centrale nucleare danneggiata di Fukushima a causa delle fughe radioattive. Martedì, gli abitanti di Kawauchi, cittadina che si trova nella zona vietata, sono stati i primi a tornare brevemente nelle proprie case per recuperare qualche effetto personale, possibilità negata però a coloro che vivono nel raggio di tre chilometri dalla centrale, in quanto il governo considera troppo alto il livello di radiazioni.

Intanto oggi, a due mesi dall’avvio della catastrofe nucleare di Fukushima, la Tepco (Tokyo Electric Power Company) la società elettrica proprietaria della centrale di Fukushima, si è nuovamente scusata con la popolazione giapponese. Un funzionario della Tepco, Junichi Matsumoto, oggi ha dichiarato durante una conferenza stampa che “L’azienda si rammarica del fatto che chi è stato costretto ad evacuare la zona intorno all’impianto non sia ancora in grado di tornare a casa”.

Mentre ieri , il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici dell’ONU, l’Ipcc, ha affermato che, entro il 2050, l’80% del fabbisogno energetico mondiale potrebbe essere soddisfatto dalle energie rinnovabili, oggi, il primo ministro giapponese, Naoto Kan, ha deciso di esporsi in prima persona per risolvere la crisi nucleare di Fukushima annunciando di rinunciare al suo stipendio da premier fino a quando la situazione non sarà sotto controllo: “La responsabilità di non aver evitato l’incidente è del gestore Tepco quanto del governo che ha puntato sull’energia nucleare come strategia nazionale, e per questo voglio porgere le mie scuse alla gente“, ha affermato Kan, aggiungendo, inoltre, che è necessario “rivedere da capo” l’opzione nucleare, facendo riferimento all’obiettivo di portare al 50% entro il 2030 la quota di energia elettrica prodotta dalle centrali nucleari nipponiche. Mentre inizialmente al rinnovabile era riservato appena il 20% dell’energia prodotta, adesso questa percentuale sarà rivista e verrà dato peso maggiore alle energie pulite, che assumeranno un ruolo di assoluto rilievo insieme al nucleare ed al petrolio.


Intanto il governo nipponco pensa ad un rimpasto da attuare tra giugno ed agosto per dare una spinta decisiva ai progetti di ricostruzione. Come ha informato l’agenzia Reuters, il capo di gabinetto Yukio Edano ha affermato in una conferenza stampa, che il governo ha intenzione di proporre questa settimana al parlamento di aggiungere tre posti di governo agli attuali 17. “Vorremmo organizzare la struttura per rafforzare la gestione della ricostruzione con un ministro, per rispondere ai danni del terremoto e occuparsi dell’impianto nucleare. Inoltre ci sono vari ministri, tra i 17, che occupano più di un posto”, ha detto Edano.



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sabato 1 gennaio 2011

SANA'A capitale dello YEMEN



MOVIMENTO OLISTICOpubblicata da Laura Picchetti il giorno giovedì 6 gennaio 2011 alle ore 5.13




All’inizio degli anni sessanta in occidente è nata una corrente pacifista e volontariamente movimentista che riversandosi per le strade ostacolava a gran voce tutto ciò che era dentro e intorno la guerra del Vietnam, i marines e le basi Nato americane nel mondo. Nel tempo le manifestazioni hanno preso forma contro tutti i tipi di sfruttamento, cinese e russo compresi, slittando a favore della libertà di pensiero e di azione a gran forza schierandosi totalmente in favore delle popolazioni oppresse, Africa in generale, Tibet, Birmania. Intorno agli anni settanta sostenendo le minoranze etniche in guerra per il diritto alla vita.

E’ stato un momento di forza e di unità interna che ha in seguito diretto la sua attenzione verso antiche filosofie orientali come quella Taoista che nel simbolo del Tao e attraverso lo studio della manifestazione delle due forze complementari, Yin e Yang, rappresentanti del maschile e del femminile, sole e luna, e molto altro, ha intravisto la possibilità di “curare” l’occidente impazzito dopo la seconda guerra mondiale e le catastrofi annesse e connesse alla mentalità sfruttatrice delle risorse naturali della terra e dell’umanità, contro tutti i tipi di dittature, colonialismo e imperialismo compresi. Sono così nate nella metà degli anni ‘70 con la buona volontà di alcuni dottori e scienziati le cure basate sull’uso di erbe, medicine naturali e alternative, l’agricoltura biologica, la diffusione della medicina omeopatica e fitoterapica, la macrobiotica (dal greco macro, “lunga” e bio, “vita”), uno stile di vita più vicino alla natura e all’uomo, il desiderio di sentirsi uniti, senza guardare le differenze culturali e di costume, le lingue, le razze.



Il movimento si è sviluppato allargandosi a macchia d’olio e rispolverando antichissimi costumi orientali, come il massaggio giapponese shiatzu, la medicina ayurvedica, la più antica medicina del mondo sviluppatasi in India millenni fa, l’agopuntura cinese, diffondendo queste forme amorevoli per migliorare le capacità fisiche e sviluppare cura e attenzione verso il corpo e la mente.


L’amore per la meditazione e lo yoga ha accompagnato il movimento aprendo strade nuove e nuovi orizzonti, entrando in profondità alla ricerca del proprio sé nel viaggio interiore aiutandosi nelle comunità e nei centri di meditazione l’un con l’altro nel cercare se stessi riconoscendosi nella dimensione del ricercatore. L’antica filosofia Taoista cinese portata avanti da Lao Tzu vissuto intorno al 600 a.C., con la sua visione “olistica” ha permesso di ampliare questa capacità di ricerca interiore, proprio per il messaggio insito nella visione stessa.



La parola “Holos” infatti significa Il Tutto, Totale, Completezza, nella parola stessa viene quindi negata la concezione aristotelica dualista che divide il mondo tra “bene e male”, “uomo e donna”, “giorno e notte”, “freddo e caldo”, “luce e buio”, e tanti altri esempi ... relegando ognuno di questi elementi in una dimensione competitiva e antagonista. Nella visione olistica invece il tutto è insieme e complementare, il giorno è necessario all’arrivo della notte, la notte stessa è necessaria affinchè un nuovo giorno possa splendere con la sua luce, l’uomo e la donna possono sopravvivere solo insieme e in modo complementare, non si può concepire una visione del mondo solo maschile o solo femminile.




Adesso abbiamo addirittura scuole europee di Formazione Olistica, riconosciute dal Parlamento Europeo dove alla fine del corso di studi si conseguisce un titolo valido a svolgere attività professionale olistica per dedicarsi al benessere del pianeta e dei suoi abitanti insegnando anche ad altri la possibilità di conoscenza di filosofie, metodi e tecniche utili alla vita del pianeta.

Negli ultimi decenni si è inoltre affermato un altro movimento, sorto in U.S.A. ad opera di sociologi americani che attraverso statistiche hanno appurato l’evoluzione di una massa di persone molto più creative di sempre, dichiarando che questo numeroso gruppo sociale aveva una sua propria forma e si riconosceva in alcuni principi comuni, per cui poteva essere chiamato con un nome che differenziandolo sapeva mettere in luce le sue caratteristiche: fu definito quello dei Creativi Culturali.

In Europa fa riferimento al sociologo Ervin Lazslo, al dottore Nitamo Montecucco, al sociologo Enrico Cheli e al Club di Budapest, che mostra nel direttivo persone che hanno sempre lavorato per uno sviluppo pacifico dell’umanità, come il Dalai Lama, Gorbachov, e altri famosi sociologi e scienziati.

I Creativi Culturali sono nella direzione della presa di coscienza di massa e del fatto che, se negli anni ’60 il movimento contava una scarsa percentuale rispetto alla massa degli abitanti del pianeta, adesso la percentuale è sempre in aumento e permette di vedere un futuro più roseo per Gaia, il Pianeta Terra.



La teoria di Ervin Lazslo afferma inoltre che se nel 2020 il numero dei creativi culturali aumentasse ancora più, svolgerebbe un effetto di “massa critica”. Se veramente la massa della popolazione mondiale divenisse “critica”, e criticamente attiva e discorsiva, potremmo essere sicuri che, nonostante la brama di potere di alcuni governi, la terza guerra mondiale sarebbe allontanata, e forse per sempre, grazie alla crescita della consapevolezza degli esseri umani e del Pianeta tutto, a livello di massa.



http://creativiculturali.ning.com/



In Italia da pochi mesi alcuni noti esponenti dei creativi culturali hanno dato vita ad un gruppo che hanno chiamato ancora una volta Movimento Olistico, questa volta per confrontarsi con lo sfacelo politico attuale ed agire nei luoghi propri del fare politica, parlamento e senato. http://www.movimentolistico.org/

Questo nuovo gruppo vuole allacciarsi a tematiche politiche e sociali tutte italiane, portando un contributo Olistico ad attività legislative e parlamentari ed è legato al senatore Antonio Di Pietro e ai parlamentari dell’ Italia Dei Valori,

http://www.liquida.it/domenico-scilipoti/

Infine una proposta: Olos, l’Anima della Terra


http://www.vglobale.it/index.php?option=com_content&view=article&id=11438%3Aolos-lanima-della-terra&Itemid=124&lang=it%2F



Lo Yemen è uno dei più antichi centri di civilizzazione del mondo.

Fino almeno dal secondo millennio a.C. nella regione si sono insediate popolazioni che hanno sfruttato le particolari caratteristiche orogenetiche del territorio. Ricco di alture e di corsi d'acqua a carattere perenne, lo Yemen (dalla radice linguistica semitica , lett. "destro" o "meridionale") ospita un tipo di vegetazione che produce sostanze particolarmente appetite dalle culture circostanti, che i Greci chiamavano aromata e che, sinteticamente, possiamo riferire essenzialmente all'incenso.

La capacità di influire idrograficamente sul territorio ha permesso, fin dalle epoche più antiche, ai Sabei che colonizzarono il paese di mettere a frutto la fertilità del suolo, tanto da legittimare il detto beduino secondo cui lo Yemen è un posto in cui non sono necessarie le provviste perché la natura dà tutto.

Grifone dal palazzo reale di Shabwa, antica capitale del regno di Ḥaḍramawt. Aden, Museo NazionaleTra il IX secolo a.C. e il VI secolo, nello Yemen si svilupparono diversi regni: Saba, quello di Awsan, dei Minei, dei Qatabanici, dell'Ḥaḍramawt e quello himyarita, ed altri ancora che controllavano diversi importanti centri commerciali.


Lo Yemen era noto agli antichi romani come Arabia Felix per via dei suoi lucrosi traffici commerciali. Augusto provò a conquistarla, ma la spedizione fallì. Intorno al 520 fu annessa al regno etiope di Aksum e nel 570 all'impero dei Sasanidi.

A seguito della distruzione di Ma'rib molti Sabei, tra la fine del VI secolo e l'inizio el VII secolo abbandonarono la regione e migrarono nel Nord Africa e nella parte settentrionale della penisola Araba.


Dal VII secolo il Paese seguì la sorte del califfato, dapprima quello omayyade e poi abbaside, pur godendo di ampi spazi di autonomia sostanziale a causa di una sempre maggiore "perifericità", sfruttata da vari movimenti ereticali islamici per sfuggire alla repressione delle autorità sunnite di Damasco dapprima e di Baghdad successivamente. Così il Kharigismo ibadita e quindi l'alidismo più estremo (che prese le forme dello Zaydismo) s'impiantarono in modo più o meno indisturbato nelle aspre regioni yemenite. Come il resto della Penisola araba, anche lo Yemen prese a muoversi nell'orbita dell'Egitto, il Paese che, con le sue coste orientali che s'affacciano sul Mar Rosso, aveva minori problemi per mantenere un accettabile interscambio con le regioni yemenite.


In Yemen si susseguirono dinastie locali, la più interessante delle quali, tra il IX secolo e i primi dell'XI secolo, fu quella zaydita, del tutto rispettosa nei confronti del califfato abbaside. Nelle aree fra Janad e in Hadramawt sorse allora la dinastia yuʿfiride, chiamata a reggere il governatorato yemenita settentrionale proprio da uno Ziyadide, mentre cominciava ad affermarsi nel paese lo Sciismo zaydita e quello ismailita-fatimide che ai primi del X secolo si era impadronito dell'Egitto. Gli Zayditi, sotto la guida di Yaḥyā b. al-Ḥusayn al-Rassī (il futuro al-Hādī ilā l-Ḥaqq), assunsero il controllo dell'oasi di Najrān, avviando una dinastia che, a causa del suo nome, fu chiamata rasside, in grado di sopravvivere fino alla fine del XIV secolo.

Minareto della moschea al-Muhdhar a TarīmI Fatimidi intanto riuscirono a tessere un'abile tela politica che portò infine al potere nel meridione yemenita la dinastia sulayhide (1047-1138), ad essi fedele, sostituendosi a quella yuʿfiride. Fra tutte le personalità di questa dinastia merita una speciale menzione una donna che governò con mano ferma i domini del suo defunto marito ʿAlī al-Ṣulayḥī: la Sayyida al-Ḥurra (La Signora Libera), Arwā bint Aḥmad, nota anche come la "piccola Bilqīs"[1], in grado di regnare con grande intelligenza ed energia per 53 anni (1084-1137).


Tra il 1099 e il 1173 Ṣanʿāʾ cadde sotto le mani dei Banū Ḥātim, sultani di Hamdān, mentre ʿAlī b. Mahdī (il cui Islam era venato di elementi kharigiti) cercava di ritagliarsi un suo proprio dominio. Proprio per sfuggire a questo pericolo incombente, la città di Zabīd si appellò all'allora vizir fatimide, Saladino, che inviò in Yemen per "pacificarlo" suo fratello Shams al-Dīn Tūrānshāh.

Più tardi, dopo una serie di governatori ayyubidi il Paese fu affidato alla dinastia vassalla dei Rasulidi, che si dimostrarono governanti non disprezzabili, riuscendo a dare nuovo impulso anche culturale e architettonico[2] allo Yemen.

A metà del XV secolo la dinastia divenne preda dei soldati schiavi (mamelucchi) dei Rasulidi e di una famiglia loro avversa: quella dei Tahiridi (da Ṭāhir b. Maʿūkha), uno dei signori del Juban e di al-Miqrāna.

Nel XVI secolo, fino al XX secolo lo Yemen entrò a far parte dell'Impero ottomano (anche se lo Zaydismo di fatto seguitò a governarne le regioni più interne) che aveva conquistato l'Egitto e la Siria e che per vari motivi (strategici certamente, ma anche spirituali) volle a tutti i costi prendere il controllo della Penisola araba, pur contentandosi nei fatti di controllare le sole città costiere e che, in alcuni momenti, prese il controllo anche delle zone più meridionali.

Il Nord dello Yemen divenne indipendente dall'Impero ottomano nel 1918 e nel 1962 vi fu proclamata la Repubblica Araba dello Yemen.


Nel 1839 l'Impero Britannico aveva occupato il porto della città di Aden e ne aveva fatto una colonia, circondata da alcuni protettorati su cui esercitava un'effettiva influenza. Nel 1967 i britannici, sotto la spinta di forze insurrezionaliste fomentate soprattutto dall'Egitto, si ritirarono e qui nel 1970 fu instaurato il regime comunista della Repubblica Democratica Popolare dello Yemen, anche noto come Yemen del Sud. Nel 1978 iniziò nel nord il Governo assolutista di Abdallah Saleh, esteso in seguito al sud con l'unione del 1990. In quell'anno infatti i due Stati yemeniti si riunirono in un unico Stato, l'attuale Yemen. Nel 1994 alcuni ufficiali e politici di ispirazione marxista proclamarono la secessione della regione meridionale dello Yemen che assunse il nome di Repubblica Democratica dello Yemen con capitale Aden.


Non riconosciuto internazionalmente, questo tentativo di secessione venne stroncato in due settimane di combattimenti dalle forze governative.
Non si verificarono rappresaglie di rilievo e fu garantita l'amnistia ai combattenti e ai membri della frangia secessionista, con l'eccezione dei capi che riuscirono in buona parte a fuggire all'estero.
Successivamente vennero avviate riforme politiche allo scopo di evitare nuove possibili ribellioni, in particolare venne stabilita l'elezione del presidente della repubblica con voto popolare.


Geografia L'antica MāʾribLo Yemen si trova nel medio oriente, nel sud della penisola araba, confinante con il mar Arabico, il golfo di Aden e il mar Rosso ed ad est con l'Oman e a nord con l'Arabia Saudita.
Le frontiere con l'Arabia Saudita sono state definite con esattezza solo recentemente, in quanto si tratta di territori per larga parte disabitati.

Appartengono allo Yemen le isole Hanish e l'isola di Zuqar, l'isola di Kamaran e di Perim, tutte nel mar Rosso, mentre l'isola yemenita di Socotra si trova nel mar Arabico.

Con una superficie di 527.970 km², lo Yemen è il 49º stato per estensione territoriale (viene dopo la Francia). Per dimensioni si può comparare alla Thailandia.

Morfologia Lo Yemen, dal punto di vista geografico, si può dividere in quattro regioni principali: le pianure costiere ad occidente, gli altipiani occidentali, quelli centrali e il deserto del Rub' al-Khali ad est.


Le pianure costiere dette Tihāma (terre calde), sono molto aride.
Nonostante ciò sono presenti diverse lagune, anche malsane, risultando infestate da insetti portatori della malaria.

Le Tihāma terminano bruscamente ai piedi degli altopiani occidentali. Quest'area di rilevi collinari e montani è oggi intensivamente terrazzata per far fronte al fabbisogno di cibo, presenta la più alta quantità di precipitazioni d'acqua della Penisola araba; si passa dai 100 millilitri all'anno delle zone più aride ai 760 millilitri annui di Ta'izz, ed agli oltre 1.000 di Ibb.
Qui l'agricoltura si presenta molto diversificata, con predominanza di colture di sorgo, ma con la presenta di coltivazioni di cotone e di alberi da frutta, tra cui il mango. Notevole è l'escursione termica tra il giorno e la notte. In questa regione si trovano corsi d'acqua perenni.
L'evaporazione nella Tihāma è però così forte che i corsi d'acqua provenienti dagli altopiani non raggiungono il mare, anche se contribuiscono a formare consistenti riserve di falde acquifere.

Gli altopiani centrali si trovano a un'altezza superiore ai 2.000 metri. Quest'area riceve minori precipitazioni rispetto agli altipiani occidentali perché posta al riparo delle montagne, ma riceve comunque pioggia a sufficienza perché si possano realizzare colture estensive, tanto di frumento quanto di orzo.
Qui le temperature diurne sono tra le più elevate della Terra: variazioni tra i 30 °C del giorno agli 0 °C della notte sono considerate normali. La capitale San'a si trova in questa regione.
Il deserto del Rubʿ al-Khālī a est si trova ad un'altitudine molto inferiore, generalmente sotto i 1.000 metri e non riceve quasi alcuna precipitazione piovosa.
È popolato unicamente da beduini che allevano mandrie di dromedari.

Clima Sulla costa le estati sono molto calde e umide, temperate sugli altopiani. I periodi migliori per visitare gli altopiani sono marzo-aprile e ottobre-novembre. Sulle coste il periodo più adatto va da dicembre a febbraio.

Demografia Popolazione dello Yemen Etnie Lo Yemen è quasi esclusivamente abitato da persone di etnia araba.

Religione Nello Yemen la religione più praticata è l'islam sunnita. La millenaria presenza ebraica nello Yemen si è conclusa nel 2009 quando gli ultimi esponenti della comunità, minacciati sia da Al Qaeda che dai ribelli sciti, sono emigrati in Israele e negli Stati Uniti.

Lingue Anche se la lingua nazionale è l'arabo (parlato in diversi dialetti regionali), lo Yemen è una delle madrepatria della famiglia di lingue semitiche, che include anche le lingue non arabe dell'antico regno dei sabei.

Gli odierni discendenti Yemeniti utilizzano una lingua molto simile alle lingue semitiche dell'Eritrea e dell'Etiopia. Comunque queste lingue sono largamente minoritarie e sono per lo più utilizzate sull'isola di Socotra e nell'interno della regione costiera del Ḥaḍramawt.

L'inglese è insegnato come lingua straniera nelle scuole pubbliche, anche se la qualità dell'istruzione pubblica è bassa. Il numero di persone che parlano l'inglese nello Yemen è basso se comparato a quello di altri paesi arabi, come l'Egitto, il Libano o l'Arabia Saudita. Le scuole private hanno inserito nel proprio insegnamento anche lo studio del francese.

venerdì 19 novembre 2010

VIAGGIO IN INDIA.


India, l'incanto di un'alba al Taj Mahal


India, scene dal favoloso Taj Mahal,
Sorto per celebrare l'amore di un principe per la consorte, il Taj Mahal favoloso mausoleo situato ad Agra,insignito di tutte le possibili etichette che sanciscono l'eccezionalità di un luogo è una delle meraviglie del mondo, è Patrimonio Unesco ... etc.... è anche,banalmente, uno degli edifici più belli del mondo, oltreché uno dei più iconici e riconoscibili, anche da chi l'ha visto semplicemente in fotografia.
E' stato costruito, nel Seicento, in 20 anni, dall'imperatore del Mughal, Shah, Jahan in memoria della sua terza moglie, Mumtaz Mahal.
Agra si trova a 200 km circa da Delhi, le due città sono collegate per via aerea, da Delhi si può anche raggiungere in treno (2 ore).
La combinazione classica è Delhi-Agra-Jaipur, la splendida città rosa a sua volta distante 200 km da Agra e 259 da Delhi.
[07 dicembre 2010]







e' una esperienza indimenticabile.............

PRIMO, IL VIAGGIO

pubblicata da Nisimo Cannavò domenica 21 novembre 2010
Primo, il viaggio

Il volo, una meraviglia, l’aereo che andava prima da Bergamo a Roma poi cambio Roma-Bombay, sia nel primo che nel secondo aeroporto avevo incontrato tanti amici, tutti partivamo per l’India, precisamente per Poona. Tutti vestiti di arancione e nonostante la felicità un po’ di tristezza profondamente radicata: peccato! non potevamo più andare via terra! dopo l’invasione russa dell’afganistan era ormai impossibile!




Arrivati a Bombay, la folla di bambini che dietro i vetri della piccolissima sala d’aspetto si ammassavano uno sull’altro in una ressa maniacale nel mendicare poche rupie che probabilmente nessuno avrebbe donato, uno spettacolo che non ho mai più visto. Adesso l’aeroporto a Mumbai è molto più grande e la folla che fuori aspetta amici e parenti è silenziosamente in attesa di intravedere volti conosciuti, le macchine e i taxi numerosi, molta più eleganza e comodità.

Cambiati i denari sufficienti siamo andati verso i taxi che ci avrebbero portato a Poona. La strada lunga e sconnessa, piena di camion e di incidenti, ognuno che guidava sia a sinistra che a destra, moltissime le curve e naturalmente (sic!) l’autista che sorpassava sempre in curva … ma bello il paesaggio, la natura rigogliosa esprimeva una gran forza. Arrivati a Poona subito si sentiva un’atmosfera diversa, il silenzio e la spiritualità. Al cancello dell’ashram una grande scritta “lasciate fuori le scarpe e la mente” e così, iniziava l’avventura più bella della mia vita: il grande viaggio interiore. La vita mi aveva già regalato tanto, mi sentivo felice e serena nell’affrontare un mondo così sconosciuto.


Dopo tanti anni e tanti viaggi posso dire che tutto è cambiato, quell’India di allora non esiste più, soprattutto negli ultimi anni con il Congresso al governo e Sonia Gandhi che ha reso tutto più bello e vivibile. Le nuove generazioni sono libere di esprimersi e amano confrontarsi culturalmente.




La viabilità è scorrevole e mentre una volta si impiegava magari un giorno intero per percorrere poco più di cento chilometri adesso per esempio ci vogliono solo tre ore. A Poona il comune da qualche anno ha obbligato i riksho ad avere la marmitta catalitica, quindi si respira meglio nonostante l’immenso traffico, ovunque in India si è diffusa la mentalità “verde” sia per i proprietari terrieri che per i coltivatori, il turismo è aumentato e non sono solo gli hippie a viaggiare, questo porta benessere e comfort, acqua calda e cibo buono. Ma la bellezza dell’India resta indisturbata e la si sente appena arrivati: un gran rilassamento, il silenzio interiore che sprigiona dovunque e rende liberi dentro, armonia, nonostante l’ancora diffusa povertà, sensazioni e percezioni che in occidente sono ormai uccise e sepolte. Avere la profonda sensazione di essere “a casa”, di essere nel posto giusto e nel momento giusto, questa sensazione l’ho condivisa con tante persone di mentalità e costumi diversi che hanno avuto lo stesso tipo di esperienza.
Sentirsi Dentro.


La meditazione che in occidente è per lo più associata a speculazione mentale e/o filosofica in India viene praticata da millenni e permea l’aria che si respira. La meditazione che ho intrapreso con il mio Maestro spirituale, Osho, mi ha insegnato a vivere nel cuore e nelle sensazioni, a conoscermi meglio senza dover sempre giudicare. Ho imparato a percepire i corpi sottili e i centri energetici che in India sono chiamati “chakra” attraverso meditazioni e gruppi di lavoro sul proprio sé. E’ stato un lavoro difficile e faticoso che all’inizio mi ha portato ad un notevole sbandamento da cui sono uscita con il forte desiderio di rientrare in me stessa per poter vivere e sentire meglio il mondo che mi circonda, anche con le sue brutture e meschinità, saper accettare che comunque la consapevolezza è dentro di noi, siamo noi a non volerla esercitare o a volerla nascondere. Il ricordo, “remembering”, del proprio sé può dissolvere gli strati di inconsapevolezza che si sono accumulati come polvere e vedere la realtà: la luce interiore che risiede in ciascuna anima, in ognuno di noi, e che spesso, sempre, dimentichiamo.



La cosa più naturale che appartiene proprio all’essere umano e che lui stesso ha perso, la capacità di vedere la sua stessa luce, ciò che in India è chiamata Illuminazione, da secoli rispettata e venerata, il gioiello nel fiore di loto, Om Mani Padme Hung. Un’enorme ricchezza che l’esistenza ha regalato all’essere umano, non all’animale o al vegetale, una potenzialità che tutti abbiamo di diventare Buddha, di dissolverci nella dimensione cosmica; nei millenni l’India ha sviluppato filosofie e metodi per risvegliare la consapevolezza del sé e portare chiunque all’illuminazione. Nella storia non ha mai mostrato aggressività o volontà di potenza su altri territori o stati vicini occupandoli o scatenando conflitti o guerre ma purtroppo ha conservato la divisione in caste, solo ora si stanno dissolvendo questi assurdi pregiudizi e possiamo vedere degli intoccabili persino in parlamento







«Il guru» dice Vijananda, «è qualcuno che risveglia in te il potere divino. Anandamaya Ma è stata il mio guru». «Cosa ne pensi del tantrismo, degli insegnamenti di Abinavugupta, Tilopa, Naropa e degli altri tantrici?» «Ah! Quello... E' un insegnamento assai elevato, il più elevato!».

«Perché c'è bisogno di un maestro?» «Risvegliare il potere divino è ridestare ogni aspetto dell'essere, anche il più profondo e oscuro. La ricerca è densa di pericoli, ad ogni passo un tranello è in agguato. Il maestro al tuo fianco è la garanzia migliore di riuscita. Per alcuni è possibile conseguire la meta senza il maestro, ma si tratta di pochi, pochissimi!»


«Cos'hai provato quando la Madre è morta?» «Un grande, grande dolore. Ero già un uomo libero, ma ero un uomo. Il segreto della libertà è non dimenticare mai di essere un uomo, allo stesso modo in cui il Gange, la Grande Madre, non dimentica mai di essere un fiume».

Si dice che, quando il celebre Paramhansa Yogananda andò a trovare Sri Anandamayi Ma, a Calcutta, e le chiese di dire qualcosa della sua vita, la Madre rispose:

«Padre, vi è poco da dire. Prima che venissi su questa terra io ero la stessa. Da bambina io ero la stessa. Divenni donna, ma io ero la stessa. Quando la famiglia predispose di far sposare questo corpo, io ero la stessa. Ed ora di fronte a voi, Padre, io ero la stessa. E per sempre in futuro, malgrado la danza della creazione cambi intorno a me nello spazio dell'eternità, io sarò la stessa».

di Selene M. Calloni Williams